Appunti di diritto (in)civile.

Bibliotecaria mancata. Studentessa quando capita. Giurista in divenire.


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Di aggiornamenti, non morti e racconti fantasy

Nora Ainwen

Sì, lo so, lo so: sono imperdonabile.
Sono secoli che non aggiorno il blog. Chi mi segue altrove (Twitter e Finzioni in primis) sa che, tra una cosa e l’altra, sono un po’ presa (e ho poca voglia di scrivere post decenti, diciamola tutta).
C’è l’università, che sembra ‘na roba tipo La storia infinita ormai (ma senza Draghi della Fortuna, ohibò), visto che appena sono scesa sotto i dieci esami ho avuto una specie di blocco mistico.
C’è la mia famiglia, c’è #ilcaneArgo, che mi riempie le giornate.
C’è Finzioni, su cui scrivo due giorni a settimana più Bookatini e roba varia ed eventuale.
C’è il mio Cantastorie, che mi costringe a passare i w.e. a lavorare, ma senza il quale non saprei proprio come fare.

E c’è che m’è tornata la voglia di scrivere. Ma non i cavoli miei su un blog o recensioni o cose serie: storie, racconti.
Per cui, se vi piacciono il genere fantasy/avventura, i pirati, la magia, gli antichi dei della mitologia greco-romana, gli intrighi e i colpi di scena, ma soprattutto, se volete bacchettarmi per la mia scarsa conoscenza delle tecniche narrative, vi invito a dare un’occhiata qui: http://iventidieos.altervista.org.

In alternativa, se siete assidui lettori di fanfiction e iscritti al sito EFP, potete trovare La Rosa dei Venti (che è, appunto, il titolo del mio racconto/romanzo/work in progress) anche a questo indirizzo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1666057.

O ancora, se volete seguire la storia come dei veri fanS e beccarvi spoiler, anticipazioni, avvisi, cosine carine varie ed eventuali, ecco la pagina facebook (http://www.facebook.com/pages/La-Rosa-dei-Venti-EFP/357094591068247) e il profilo twitter (@LaRosaDiEos).

Ecco.
Detto questo, Appunti di diritto (in)civile torna nel dimenticatoio per un altro po’, almeno fino a quando non avrò sconfitto un mostro cattivissimissimissimo che porta la macabra nomea di diritto amministrativo. O forse no. Magari ci sentiamo domani.

Baci, abbracci e cotillons!


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È la tua anima gemella? Te lo svela la sua libreria!

Lui è appena entrato in casa tua. Per la prima volta. Mentre gli stai preparando un drink ciondola in salotto, di fronte alla tua libreria. I suoi occhi scorrono sui volumi in rigoroso ordine alfabetico per autore e tu gongoli perché sai che è tutto perfetto: si inizia con la Alcott, che leggevi da bambina. Un po’ più avanti c’è la Allende. Nello scaffale successivo Conan Doyle e Dostoevskij ti fanno ciao ciao. Sotto di loro Hugo ammicca mentre Pennac e Pirandello si fanno una partitina a briscola.

È un momento fondamentale in ogni relazione tra lettori, l’incontro con le rispettive librerie. Questo perché dai libri posseduti (che si presume siano stati anche letti) si può capire, o almeno intuire, chi è veramente il soggetto con cui ci siamo messi. L’ordine in cui sono disposti, il loro stato, i titoli e gli autori scelti: sono tutte cose che permettono di sondare l’anima di un uomo, di leggergli dentro.

Qualche esempio? Stevenson, Salgari e O’Brian su una stessa mensola sono indizio, neanche a dirlo, di una personalità avventurosa, che non sa cosa sia la noia. La raccolta completa delle opere di Tolkien rivela una vena fantasiosa (ma occhio ai fissati). Chiunque abbia letto e apprezzato Stella del mattino merita di essere sposato. Se avvistate il trittico Vespa-Volo-Parodi, fuggite a gambe levate.

Ma è sempre così? Davvero ogni libro da noi posseduto rivela chi siamo veramente?

Per capirlo, torniamo alla nostra storia.

Anche tu hai i tuoi peccatucci. I tuoi errori di gioventù, come sei solita chiamarli. E intendo quella copia di Tre metri sopra il cielo che hai acquistato a quindici anni, su consiglio delle amiche. Ma non c’è problema. L’hai nascosta nel mobiletto del bagno in vista di questo momento. Puoi stare tranquilla, non fosse che…

A un certo punto, alle tue spalle, si materializza una figura. Ti sventola sotto il naso un volumetto nero. In copertina, due mani ti porgono una mela rossa.

Merda. Twilight.

«Ma non avevi detto che ti faceva schifo?» Suona come un’accusa e non è nemmeno velata. Sostieni il suo sguardo, ti spalmi sulla faccia una bella maschera di bronzo, la stessa che indossavi giusto la settimana prima mentre sputavi veleno sulla Meyer proprio di fronte a lui.

«È di mia cugina, l’ha lasciato qui e…»

«Tua cugina ha 7 anni.»

«Già. Precoci la bambine di oggi, non trovi?»

Ti guarda. Socchiude gli occhi. Lui sa.

E tu sai che userà tutto questo contro di te, un giorno.

Torni ai drink e decidi che è meglio abbondare con la vodka.

Il tempo passa. Lui sembra aver dimenticato il fattaccio (quel goccino di vodka in più è stato provvidenziale) ed è il tuo turno di incontrare la sua libreria.

Tanto per cominciare, lui non ha una libreria: ha una stanza intera dedicata solo ai libri. Decine, centinaia, forse un migliaio di volumi. Si parte con sette diverse edizioni della Divina Commedia. Antiche, antichissime. Una, addirittura, ha in prima pagina la dedica autografa di un Papa. Si prosegue con la Britannica originale. Montagne di libri di storia, dall’Eoarcheano ad oggi. E no! Non puoi nemmeno dire che è un tipo noioso e che se la tira con tutti ’sti libri perfetti, perché di fianco a tutto questo ben di Dio ci sono montagne di romanzi. Classici, contemporanei, tutti gli autori più importanti italiani e stranieri. Ci sono anche i fumetti d’autore, diamine. E c’è perfino una copia del Pendolo di Foucault autografata da Umberto Eco, roba che tu la guardi e cadi in ginocchio, affranta, con tanto di lacrime e mascara colante. A completare l’effetto, dalla cucina arriva la voce di Morandi: «Non son degno di teeee, ta, ta raaa, non ti merito piùùùù…».

Esplodi: «Ti prego, ti prego perdonami! Twilight è stato solo un errore di gioventù! Ti giuro che non lo faccio più…»

«E Moccia, allora? Che mi dici della copia di Tre Metri sopra il cielo che ho trovato nell’armadietto del bagno? EH?»

Merda.

«Dovevo recensirlo per il giornalino della scuola, ho dovuto leggerlo! Mi hanno costretta!»

Ma anche questa crisi passa. Lui è comprensivo. Eri un’adolescente nel bel mezzo dell’età della ribellione. Si può sorvolare.

Poi, un giorno, mentre quello che ormai è il tuo fidanzato si rilassa alla tv, decidi che è giunta l’ora di dare un’occhiata a quelle edizioni della Divina Commedia. E così, spulciando tra un volume e l’altro, trovi una cosa meravigliosa: nascosto in terza fila c’è il libro di un certo Brachino.

Sorridi, malefica. Lo hai in pugno.

«Amore! Guarda cos’ho trovato!»

Perché tutti hanno qualche scheletro nascosto nella libreria.

Tutti.


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Nella cattiva sorte. [racconto]

[Racconto temporaneamente rimosso in quanto partecipante a concorso letterario]

{Ricordo, viste le brutte esperienze passate, che questo racconto (come del resto tutto quello che è scritto in questo blog) è protetto da una Licenza Creative Commons. Per maggiori informazioni sulla possibilità di condividerlo vi prego di consultare l’apposito banner posto nella colonna qui a fianco. Rimango a disposizione per ulteriori informazioni (dirittoincivile@gmail.com). Grazie. }


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Pensieri sparsi.

Penso che avrò una vita bellissima. Penso che finirò di studiare, che troverò un lavoro. Non so ancora come, non so ancora dove. Ma penso che ce la farò.
Penso che mi sposerò. Che avrò un marito, due figli, un gatto e forse un cane.
Penso che vivrò in una bella casa, magari piccola ma di sicuro accogliente. Penso che i miei figli avranno un papà, una mamma e dei nonni.
Penso che saremo una bella famiglia.
Penso che organizzerò molte sorprese e che ne riceverò altrettante.
Penso che accompagnerò i miei figli a scuola, a danza, a calcetto, in piscina. Che lavorerò. E che farò una fatica immane. Ma penso che non sarò sola, e che riusciremo, insieme, a fare tutto col sorriso sulle labbra.
Penso che ci saranno momenti difficili. Litigi, sfuriate, lacrime.
Penso che la domenica mattina mi sveglierò accanto alla persona che amo, che trascorreremo il pomeriggio in un parco invaso dal sole, a giocare a palla, a farci rincorrere da un cane buffo e scodinzolante.
Penso che la sera, prima di dormire, leggerò un buon libro, crogiolandomi sotto le coperte, la testa sulla spalla di mio marito.

E voi, voi penserete che tutto questo sia banale, ordinario, noioso. O forse impossibile. Ma non per me.

Io penso che tutto quello che voglio è una famiglia felice e che lotterò per crearla, perché le premesse ci sono tutte.
Penso che sarà una magia, la più bella cui potrò mai dare vita. E che sarà capace di sorprendermi ogni giorno.


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Una mattina al bagno turco [Hammam della Rosa – Milano]

“Una città non è completa, se non ha il suo bagno turco.”

Così diceva la bella Sherazade ne “Le mille e una notte”. Aveva assolutamente ragione.
In occasione di San Valentino/mio onomastico/mio compleanno, il Cantastorie ha ben pensato di regalare a entrambi un Percorso della Rosa Lei&Lui con massaggio relax condiviso presso l’Hammam della Rosa di Milano (sì sì, lo so anch’io che è un uomo da sposare).
E’ stata un’esperienza meravigliosa, sia per il percorso in sé sia per la disponibilità e la gentilezza estrema del personale.
Probabilmente è da considerare anche il fatto che eravamo i primi della giornata ed entrare una buona mezzora prima degli altri clienti ci ha permesso di avere a nostra completa disposizione la struttura ancora perfettamente pulita e il personale che ha potuto seguirci (e coccolarci) passo dopo passo.
Mi scuso fin d’ora perché questo sarà un post lunghetto, ma quando cercavo informazioni in rete su quest’esperienza ho notato che le opinioni e i racconti scarseggiano, quindi spero che questo mio dettagliato intervento possa tornare utile ad altri curiosi futuri clienti.

Ma ecco com’è andata: l’Hammam della Rosa si trova in pieno Viale Abruzzi. Ieri pioveva, c’era il solito traffico. E il solito smog. E’ stata quindi una sensazione quasi irreale l’entrare in un salone accogliente e profumato d’incenso. Visto che si trattava della nostra prima volta all’Hammam, abbiamo dovuto compilare i moduli per ricevere le tessere di iscrizione e il kit hammam (che include il guanto peeling kassa e le ciabattine personali). Sono quindi stata gentilmente invitata, con molta discrezione, ad allontanarmi in modo che l’ammmore mio potesse occuparsi in tutta calma del pagamento, visto che si trattava di un regalo.
Una volta terminate le formalità, la ragazza che ci aveva accolti al nostro ingresso ci ha spiegato cosa si sarebbe svolta la nostra mattinata di tutto relax e, dopo aver avvisato il personale del nostro arrivo, ci ha fatto scendere nello spogliatoio per prepararci.

Parentesi: lo spogliatoio di cui parlo non è una stanza molto grande, ma ha tutto il necessario (ci sono perfino 3 asciuga-capelli e un tonico alla rosa per le signore).
E’ in comune, maschietti e femminucce, perché è dedicato ai percorsi di coppia. E tutto il percorso, naturalmente, è dedicato alle coppie, con la conseguenza che le donne devono indossare la parte superiore del costume (diversamente da quanto accade nei giorni di apertura esclusivamente femminile dell’hammam, in cui si può stare anche nude come mamma ci ha fatte). Noi siamo arrivati indossando già il costume, ma per cambiarsi in tutta tranquillità c’erano comunque dei bagni pulitissimi. Chiusa parentesi.

Una volta indossato il costume siamo stati invitati a fare una rapidissima doccia e a non asciugarci. Questo perché il passo successivo consiste nel farsi spalmare su tutto il corpo, viso e piedi esclusi, un velo di sapone nero (no, fanciulle, tranquille, nessuno vi vedrà con il corpo cosparso di materia scura: è trasparente una volta messo sulla pelle).
All’inizio è un po’ imbarazzante il farsi “servire” così, ma la signora che si è occupata di noi è stata talmente gentile che l’imbarazzo se n’è presto andato.
Senza contare che le parole “oggi non dovete pensare e nulla se non a rilassarvi. Di tutto il resto ci occupiamo noi.” hanno un suono dolcissimo e irresistibilmente peccaminoso.
Comunque. Tutti belli insaponati ce ne siamo andati nel calidarium, una stanza satura di vapore che ha una temperatura media di 45° che varia, dal basso verso l’alto, dai 30° ai 60°. Io, che odio il caldo, pensavo che sarebbe stata una vera tortura e invece è stato addirittura piacevole. All’interno c’è una fontanella d’acqua fredda con cui ci si può rinfrescare di tanto in tanto (solo viso e gambe, come viene raccomandato prima di iniziare).
Si può stare nel calidarium quanto si vuole, a seconda della propria resistenza, ed è possibile entrare e uscire a piacimento recandosi, tra un bagno di vapore e l’altro, nel tepidarium, vale a dire una grande sala calda e leggermente umida con panche di marmo riscaldate, mosaici e una bella fontana. Qui si possono reintegrare i liquidi persi con acqua, frutta fresca e thè alla menta (buonissimo, tra l’altro) e si può stuzzicare con qualche pasticcino arabo.

Seguono poi i trattamenti tradizionali dell’hammam: ci si stende su un lettino di marmo e, col guanto che ci è stato dato nel kit iniziale, viene effettuato il peeling (no maschietti, il peeling non vi fa la bua, tranquilli). Poi arriva il bello: il massaggio/lavaggio con sapone di Aleppo. Se ho ben capito (e ben visto) si tratta di una specie di federa che viene immersa nel sapone di Aleppo, gonfiata e passata sul corpo. Produce una sensazione stranissima e molto, molto piacevole. Per le femminucce questo è anche il momento del trattamento per i capelli, che diventano morbidissimi e rimangono profumati delicatamente di mandorle.

Fatto ciò si passa un po’ sotto la doccia per togliere i residui del sapone e ci si immerge nel frigidarium, una vasca idromassaggio tiepida che, oltre ad avere un effetto tonificante, serve a far recuperare al corpo la propria temperatura.
Visto che eravamo i primi e gli altri dovevano ancora finire peeling e massaggio, abbiamo avuto la vasca tutta per noi e, invece di un ciclo di idromassaggio, ne abbiamo fatti due (facendo gnegnegne a tutti quelli che passavano in mandrie più o meno numerose guardandoci con invidia u_u).

Saremmo rimasti volentieri a mollo per un terzo round, ma siamo stati invitati a spostarci nella sala relax per asciugarci prima del massaggio finale. La sala in questione è grande, molto accogliente, tappezzata di tappeti morbidi, cuscini e amenità simili. E anche qui c’è un tavolino pieno di cibo e bevande a disposizione dei clienti.

Dulcis in fundo… il massaggio. Venticinque minuti di paradiso. Eravamo nella stessa stanza, separati da una parete traforata e sottilissima. Massaggiatrice per me. Massaggiatore per il Cantastorie. Luci soffuse (quasi buio a un certo punto). Musica orientale di sottofondo.
L’unica ad essere agitata in tutto ciò era la mia massaggiatrice che, complici il suo collega e il Cantastorie, aveva il terrore che io scoppiassi a ridere da un momento all’altro causa solletico. Cosa che, naturalmente, non è successa (so essere una personcina seria, quando mi ci metto, ecco.)

Per finire siamo tornati nella sala relax e solo con calma, molta calma (e molto a malincuore, a onor del vero), ci siamo decisi a uscire da quell’oasi di coccole e piaceri per buttarci di nuovo nella grigia e piovosa domenica milanese.
Camminando su una nuvoletta rosa.


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C’è uomo di stato e Uomo di Stato.


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Il velo dipinto (A la claire fontaine).

A la claire fontaine
M’en allant promener
J’ai trouvé l’eau si belle
Que je m’y suis baigné.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Sous les feuilles d’un chêne,
Je me suis fait sécher.
Sur la plus haute branche,
Le rossignol chantait.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Chante, rossignol, chante,
Toi qui a le coeur gai.
Tu as le cœur à rire…
Moi je l’ai à pleurer.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

J’ai perdu mon amie
Sans l’avoir mérité,
Pour un bouquet de roses
Que je lui refusai…

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Je voudrais que la rose
Fût encore à planter,
Et que ma douce amie
Fût encore à m’aimer…

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

 


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Ciao fratellino peloso.

16 anni, ma per me sei e sempre rimarrai la pallina di pelo che dormiva in una pantofola e che è arrivata un inverno ormai lontano a riscaldarmi il cuore.

Scusa se non ho saputo amarti come tu, giorno dopo giorno, incondizionatamente, mi hai amata.

Ricorderò per sempre i tuoi occhioni verdi. Le tue fusa. La tua dolce presenza che già mi manca.

Sei stato un buon micio, Tildo.

Sei stato un buon amico.


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La moglie del poeta.

Non sono solita riportare sul mio blog testi di canzoni. Soprattutto su questo blog, che dovrebbe essere “serio”, parlare di diritto, attualità, cultura.

Epperò. Oggi mi sono finalmente decisa ad ascoltare per intero l’ultimo album di Max Gazzè, Quindi?. E ho scoperto questa:

Ti ritrovo in bilico d’apnea
le mani strofinacci
che di nuovo sei in balia
di una rima che allacci.

Di parole si può vivere
mi hai detto stamattina
mentre un sole stretto
apriva nuvole.
Come sono quando pensi a me?
Un nome, un suono di due sillabe?
O il centro di un qualcosa
che non si crea?
L’istinto a cui si è arresa
ogni tua idea?
Potessi amore esser nemmeno una donnna
ma il punto esatto del foglio
dove ti scivola nero il tratto di penna.

Sbuco da un riflusso di pazzia
e muto adesso, tu di ghiaccio,
sembri già in balia
di un altro abbraccio.

Cos’è un uomo senza più realtà
un nome, il suono di una pagina
sei il centro di un qualcosa che non si crea
l’istinto a cui si è arresa
ogni mia idea.
Ma se potessi amore
soffiarti via quel pensiero
che a tratti
mi pare ti toglie il respiro
e la moglie dagli occhi.

Il testo è stato scritto a quattro mani, insieme al fratello di Max Gazzè: Francesco. La poesia della parola unita a quella della musica con la delicatezza e la dolcezza d’animo che contraddistingue il duo Gazzè fin dal primo album.

E’ la storia di una donna e di un poeta, suo marito che, come tutti i poeti, quando si trova a tu per tu con la sua musa, preda della sua ispirazione, finisce per dimenticarsi di tutto ciò che lo circonda, compresa la donna che ama. E lei, pur di entrare a far parte della sua Arte, pur di non rimaner chiusa fuori dal suo cuore, preferirebbe essere “il punto esatto del foglio dove ti scivola nero il tratto di penna“.

Sono parole bellissime, come ho già detto, accompagnate da pianoforte e archi, capaci di strappare addirittura un attimo di sincera commozione ai più sensibili. Ma non sono del tutto d’accordo con il “contenuto”.

Un poeta, uno scrittore, un musicista… hanno la loro Arte. Consacrano ad essa la loro vita. Ma se amano, uomini o donne che siano, non escludono dal loro cuore l’oggetto del loro sentimento, mai. Perché è proprio questo a dar loro la forza e un’ispirazione sempre nuova. Idealizzano il loro amore, questo sì. Ci ricamano attorno storie e nuovi sentimenti, certo. Ma il nucleo centrale rimane lì, fermo, inamovibile.

Il più delle volte, poeti e scrittori sono innamorati dell’Amore. Vero. Fino a che non riescono a sostituire l’idea dell’Amore con la Realtà dell’Amore.

Ma questa, naturalmente, è solo la mia opinione.


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Dicono che tre sia un numero magico.

Essì.

Sono già passati tre anni.

Auguri al Cantastorie e alla sua Clarinette.

Auguri a Noi.