Appunti di diritto (in)civile.

Bibliotecaria mancata. Studentessa quando capita. Giurista in divenire.


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Aiuto! La Disney compra Game Of Thrones!

Ebbene sì. Dopo Star Wars, anche Game of Thrones finisce nelle avide mani di Topolino. Lutto in casa HBO, dove l’improvvisa decisione di G.R.R. Martin ha provocato scene di panico. Tra l’altro, l’autore ha appena firmato un contratto con l’emittente televisiva quindi si prospetta una guerra legale senza esclusione di colpi.

Ma vediamo quali sono i risultati di questo fulmine a ciel sereno. Qui di seguito trovate, in esclusiva, una delle primissime scene girate dalla Disney che, a quanto pare, ha deciso di puntare sulla tradizione.

{ Dopo Dany canterina non c’è bisogno di dirvi che scherzavo, vero? }


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Boris, Il Film – Trailer.

GENIO! CA-PO-LA-VO-RO! Insomma, poche storie: ci troviamo sicuramente di fronte al Roberto Saviano dei film comici tratti da serie tv.


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C’è uomo di stato e Uomo di Stato.


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Il velo dipinto (A la claire fontaine).

A la claire fontaine
M’en allant promener
J’ai trouvé l’eau si belle
Que je m’y suis baigné.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Sous les feuilles d’un chêne,
Je me suis fait sécher.
Sur la plus haute branche,
Le rossignol chantait.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Chante, rossignol, chante,
Toi qui a le coeur gai.
Tu as le cœur à rire…
Moi je l’ai à pleurer.

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

J’ai perdu mon amie
Sans l’avoir mérité,
Pour un bouquet de roses
Que je lui refusai…

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

Je voudrais que la rose
Fût encore à planter,
Et que ma douce amie
Fût encore à m’aimer…

Il y a longtemps que je t’aime,
Jamais je ne t’oublierai.

 


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La moglie del poeta.

Non sono solita riportare sul mio blog testi di canzoni. Soprattutto su questo blog, che dovrebbe essere “serio”, parlare di diritto, attualità, cultura.

Epperò. Oggi mi sono finalmente decisa ad ascoltare per intero l’ultimo album di Max Gazzè, Quindi?. E ho scoperto questa:

Ti ritrovo in bilico d’apnea
le mani strofinacci
che di nuovo sei in balia
di una rima che allacci.

Di parole si può vivere
mi hai detto stamattina
mentre un sole stretto
apriva nuvole.
Come sono quando pensi a me?
Un nome, un suono di due sillabe?
O il centro di un qualcosa
che non si crea?
L’istinto a cui si è arresa
ogni tua idea?
Potessi amore esser nemmeno una donnna
ma il punto esatto del foglio
dove ti scivola nero il tratto di penna.

Sbuco da un riflusso di pazzia
e muto adesso, tu di ghiaccio,
sembri già in balia
di un altro abbraccio.

Cos’è un uomo senza più realtà
un nome, il suono di una pagina
sei il centro di un qualcosa che non si crea
l’istinto a cui si è arresa
ogni mia idea.
Ma se potessi amore
soffiarti via quel pensiero
che a tratti
mi pare ti toglie il respiro
e la moglie dagli occhi.

Il testo è stato scritto a quattro mani, insieme al fratello di Max Gazzè: Francesco. La poesia della parola unita a quella della musica con la delicatezza e la dolcezza d’animo che contraddistingue il duo Gazzè fin dal primo album.

E’ la storia di una donna e di un poeta, suo marito che, come tutti i poeti, quando si trova a tu per tu con la sua musa, preda della sua ispirazione, finisce per dimenticarsi di tutto ciò che lo circonda, compresa la donna che ama. E lei, pur di entrare a far parte della sua Arte, pur di non rimaner chiusa fuori dal suo cuore, preferirebbe essere “il punto esatto del foglio dove ti scivola nero il tratto di penna“.

Sono parole bellissime, come ho già detto, accompagnate da pianoforte e archi, capaci di strappare addirittura un attimo di sincera commozione ai più sensibili. Ma non sono del tutto d’accordo con il “contenuto”.

Un poeta, uno scrittore, un musicista… hanno la loro Arte. Consacrano ad essa la loro vita. Ma se amano, uomini o donne che siano, non escludono dal loro cuore l’oggetto del loro sentimento, mai. Perché è proprio questo a dar loro la forza e un’ispirazione sempre nuova. Idealizzano il loro amore, questo sì. Ci ricamano attorno storie e nuovi sentimenti, certo. Ma il nucleo centrale rimane lì, fermo, inamovibile.

Il più delle volte, poeti e scrittori sono innamorati dell’Amore. Vero. Fino a che non riescono a sostituire l’idea dell’Amore con la Realtà dell’Amore.

Ma questa, naturalmente, è solo la mia opinione.


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Solomon Kane [rece].

Parliamo di Solomon Kane.

Ho visto il trailer e, lo ammetto senza troppi problemi, complice James Purefoy che ho amato in Roma (sì sì, lo so che dovevo parlarne, prometto che prima o poi lo faccio), ho desiderato ardentemente andare al cinema, spegnere il cervello e godermi lo spettacolo.

Ora. A parte un paio di insignificanti difficoltà tecniche che mi hanno portata a dover costringere il fidanzato ad abbandonare la sala giusto quando sul grande schermo appariva la scritta “Solomon Kane” (e comunque già lì, dopo cinque minuti di prologo, il sospetto di non trovarci di fronte a un capolavoro della storia del cinema ci era venuto), sono comunque riuscita a completare la visione bella spaparanzata sul letto di casa sempre insieme al mio fedelissimo e innamoratissimo Jack.

Potevo anche limitarmi ai primi cinque minuti. Questa è stata l’inevitabile conclusione: l’essere consci del fatto che il malore improvviso accusato al cinema non fosse causato dal mix tra Oki, Aperol Spritz e freddo glaciale del multisala. No.

Si trattava di un Segno che né io né Jack siamo riusciti a cogliere.

Perché diciamolo, parliamoci francamente: Solomon Kane è una grandissima cazzata un film un pochino deludente.

Nemmeno spegnendo il cervello sono riuscita a farmelo piacere almeno un po’ (e Jack che, in questa rinomata arte, in quanto uomo, mi batte senza problemi, ha confermato che nemmeno lui coi super poteri ce l’ha fatta).

A parte il proverbiale brivido che entrambi abbiamo sentito scendere lungo la schiena al vedere i sostegni in ferro all’interno del monastero in una delle prime scene… ma vogliamo parlare dei buchi, ma che dico?, delle voragini narrative?

Solo una, giusto per gradire: Solomon e la bella famigliola attraversano il bosco. Arrivano i cattivi. Solomon va in avanscoperta, ma quelli sono più furbi e, mentre lui fa il guardone, fanno il giro e attaccano i suoi compagni di viaggio. Solomon torna e si ritrova di fronte uno dei cattivoni che punta una lama alla gola del figlioletto più piccolo della famiglia di pellegrini.

Cattivo: “Se non fai come ti dico lo ammazzo!”

Solomon: “Ma non è vero, dai! E’ solo un ragazzino. Non lo ammazzi.”

Cattivo: “Guarda che io sono uno dei cattivi, Solomon, non è che mi faccia molti problemi.”

Tutti (pure gli altri cattivi): “Solomon! Guarda che lo ammazza! Che quello è cattivo! Difendilo! Combatti! Uccidilo!”

Solomon: “Ma vaaaa! Mica lo ammazza, ve lo dico io!”

Cattivo: [ammazza il ragazzino].

Dopo questo bellissimo momento di pathos, quelli dell’esercito nemico fan fuori il fratello maggiore, rapiscono la bella fanciulla (marchiata non si sa perché da una bambina che, toh, guarda!, s’è rivelata una strega) e feriscono a morte il padre.

Solomon, finalmente, capisce che forse quelli fanno sul serio e li ammazza a sua volta.

Tutto bruciato, cavalli dispersi.

Rimangono Solomon, il padre morente e la moglie di questo che, non si capisce come, non se l’è filata nessuno ed è rimasta illesa.

Padre: “Salva mia figlia e redimi la tua anima!” [e muore]

Moglie: “Sì, Solomon, salva nostra figlia!”

Solomon: “… ok!”

E parte. Si piglia l’unico cavallo rimasto e molla lì la donna nel bel mezzo del bosco, evidentemente lontana da forme di civiltà.

Va bene, Solomon! Ok! Vai così!

Parte. Scopre che il cattivo più cattivo di tutti è (ma non mi dire!) il fratello che lui pensava di aver ucciso prima di fuggire da casa.

Salva la sua bella.

E uno dice: il film ha fatto schifo fino ad ora. Magari ci sarà, non dico una piccola svolta porno, ma almeno un bacetto romantico.

No.

Lui la abbraccia.

Stacco e…

Voce fuori campo (che no, scusate ma a me ha ricordato la voce fuori campo di René Ferretti alla fine di Boris 3.)

Comunque, voce fuori campo che, mentre Solomon galoppa verso altre avventure, ci spiega come sia diventato un altro uomo ormai e, vinta la battaglia, abbia… rimandato la ragazza dalla madre???????

Al che io e Jack non abbiamo potuto fare altro che inscenare il dialogo:

Solomon/Jack: “E ora che ti ho salvata… va’ torna da tua madre, va! Io devo combattere il male!”

Meredith/Clarinette: “Ma io pensavo che, insomma… io, tu… noi… ti ho cucito pure il vestito, eh!” [sconcertata]

Solomon/Jack: “No, pensavi male. Torna da tua madre.”

Meredith/Clarinette: “… ok. Dov’è che la trovo?”

Solomon/Jack: “E quella… sta nel bosco. L’ho lasciata lì coi cadaveri ancora caldi di: tuo padre, tuo fratello grande e il marmocchio.”

Meredith/Clarinette: “Ah. E almeno le hai lasciato, chessò… un mezzo di trasporto o qualcosa per difendersi?” [preoccupata]

Solomon/Jack: [mentre prepara la sella per mollarla lì e partire per sconfiggere il male] “Mhm. No. La carrozza è andata in fiamme, l’unico cavallo l’ho preso per venirti a recuperare e tutte le armi mi servivano.” [Sale in sella] “Be’, ciao cara, eh…” [E parte.]

Meredith/Clarinette: “…” [basita]

L’unica spiegazione plausibile, ormai ne siamo certi, è questa (e si spiegherebbero così anche i collegamenti tra i due monologhi fuori campo finali): in realtà, gli sceneggiatori di Solomon Kane… sono loro!

GENIO! Ca-po-la-vo-ro! Insomma, lo possiamo proprio dire: questo è il Roberto Saviano dei film fantasy!


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Proteggi il tuo computer da Mitch di Baywatch!

Io odio Norton, però c’è da dire che la nuova campagna pubblicitaria è semplicemente meravigliosa.

E se invece osassimo condannare il piccolo unicorno e il suo arcobaleno a una brutta fine?

Ma il migliore rimane lui:

Nessuno scompiglia i capelli a Mitch di Baywatch.

NESSUNO.


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Anch’io ogni tanto spengo il cervello: XFactor italiano vs XFactor inglese.

Stasera ho voglia di darmi alle frivolezze e alla tv spazzatura. Capita anche a me, fatevene una ragione.

Fa piacere vedere che non sono solo gli Italiani a farsi riconoscere. Almeno per quanto riguarda la pessima tv e i litigi montati ad hoc.

Stasera ricomincia XFactor e, ormai, ha fatto il giro del web la storia della rissa sfiorata fra Tatangelo e Milly D’Abbraccio:

C’è da dire che, nel remoto caso in cui la scena non sia stata preparata solo a scopo pubblicitario, la Tatangelo sarà anche, a detta di tutti, raccomandata/antipatica/supponente/etc., ma dal filmato ne esce da Signora con tanto di battuta sempre pronta.

Ad ogni modo, per tornare al discorso iniziale, se da noi sono volate solo parole, in Inghilterra sono volati addirittura i pugni:

Le due fanciulle protagoniste del video, amiche per la pelle da pessempreforever, prima hanno zittito il pubblico con un signorilissimo “Shut Up!“, poi si sono messe a ragliare cantare concludendo con un bel “Che comunque, alla fine della fiera, del vostro giudizio non ce ne frega nulla gnegnegne“, fino ad arrivare a domandare, con fare superiore, a Natalie Imbruglia “E tu chi saresti?”.

Ma l’apice è stato di sicuro raggiunto quando una delle due, scioccata per la reazione dell’amica di fronte alla Imbruglia, ha deciso di fargliela pagare mollandole un gancio destro di tutto rispetto.

Son soddisfazioni, eh. Vedere che una tv straniera fa più schifo di quella italiana (non che io abbia mai avuto grande fiducia nella tv inglese, intendiamoci).

Chissà. Magari anche i nostri decideranno alla fine di non essere da meno. Di prendere spunto.

Me le vedo già, Maionchi e Tatangelo a far la lotta nel fango.

Forza Mara!


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Novelle fatte a macchina – Gianni Rodari [rece].

“Dispettosetti, gli dei delle antiche favole.
Una volta Giove offende Apollo, magari solo per cavarsi un capriccio. Apollo se la lega al dito e, appena può, gli rende pan per pizza, ammazzando un certo numero di Ciclopi.
Dice: cosa c’entra il burro con la ferrovia e cosa c’entrano i Ciclopi con Giove?
C’entrano sì, perché sono i suoi fornitori di fulmini. Giove li tiene come la rosa al naso: non c’è nessun’altra ditta che produce fulmini col marchio della buona qualità come quelli. Quando gli vanno a dire che Apollo gli ha sabotato la produzione, Giove si arrabbia sul serio e gli manda un avviso di reato. Apollo si deve presentare per forza, perché Giove è il re degli dei.
­– Così e così, – dice Giove. – Per punizione andari in esilio sulla Terra per sette anni, e per sette anni servirai come schiavo in casa di Admeto, re di Tessaglia…”

Problemi a far addormentare i vostri figli? Il pargolo cui fate da baby-sitter non ne vuole sapere di star buono? La ragazzina cui fate ripetizioni non legge nemmeno se le puntate una pistola alla tempia?
Niente paura! E’ arrivato Gianni Rodari!
Il signor Rodari lo conosciamo o meglio, conosciamo la sua penna: una signorina alquanto simpatica, a dirla tutta, sempre pronta a regalarci un sorriso e a raccontarci storie al limite del surreale in quel suo stile a metà tra il gergo familiare e la narrazione più pura, con quelle parole che, oggi, ci suonano un po’ strane, un po’ arcaiche e ricercate.
Novelle fatte a macchina altro non è se non una raccolta di racconti brevi. Si va dalla storia di Angeloni Gian Gottardo (conosciuto da tutti, a Civitavecchia, come Trottino, ma detto Grillo, che era già il soprannome di suo nonno), a quella della bambola a transistor che snobba i giochi da signorina e vuole diventare un maschiaccio, passando per una versione alquanto originale della morte di Giulio Cesare, fino ad arrivare alla storia della bella Miss Universo dagli occhi color verde-venere.
Ci sono proprio tutti, insomma, tanto che il signor Rodari ha fatto scomodare perfino i classici greci per dargli una mano (basti pensare al racconto intitolato “Per chi filano le tre vecchiette?” dal quale è tratta la citazione iniziale), catapultandoli nel mondo moderno senza che loro, tra l’altro, ne rimangano sconvolti più di tanto.
Ha addirittura chiamato gli Extraterrestri, da Marte! Come si può non correre a dar loro il benvenuto?

Scherzi a parte. Rodari non si smentisce mai, col suo stile frizzante e un po’ impertinente che ha il potere di divertire tutti, grandi e piccini.
Provatelo, coi bimbetti irrequieti fa miracoli. Garantisco per esperienza.


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Scoperto il plagio della Meyer.

La Meyer non l’ho mai sopportata. E non solo perché scrive da cani ed è la regina del deus ex machina. No.

Non solo perché i suoi personaggi sono vuoti e privi si spessore. No, no.

La detesto soprattutto perché ha attinto a piene mani (e impunemente) dalla letteratura che l’ha preceduta.

Stoker, Rice per citare i più famosi. Ha fatto incetta perfino nei Diari del Vampiro della Smith, il che significa non avere pudore, vista la bassa qualità del materiale.

Ma fin qui potevo anche sopportare.

Quello che proprio non riesco a mandare giù è la fonte da cui, sono ormai certa, ha preso l’idea del vampiro vegetariano:

Stephenie Meyer, ti ho smascherata!

Questa volta non la passerai liscia.